lunedì 28 gennaio 2013

 

Memoria

Triste mi guarda questa sera
la luna dal suo disco di panna
Le stelle han vergogna di brillare
Il giorno è denso di dolore
e non basta da solo a raccontare
l’orrore che insani mente
hanno prodotto
Il ricordo è come il freddo
che penetra le ossa e permea
il corpo tutto quanto
Non si cancella più!
Marchio impresso a fuoco
nella mente
Passano i segni del tempo
e i numeri stampati sulla
pelle.
Lava la pioggia di gennaio
i cadaveri ammassati
dentro il fango
Abbondante neve seppellisce
vincitori e vinti sotto la coltre
di un inverno lungo come l’oblio
Nuovi fiori nasceranno
in primavera a rinnovare
la memoria degli insani gesti
Rossi papaveri d’estate
segneranno in eterno
la stagione nuova mondata
dal virus e dalla pazzia
Nuova umanità vivrà
l’armonia di campi fioriti 
e di diversi fiori insieme a
profumare nuovi giorni

venerdì 4 gennaio 2013

PERCHE' NON CONDIVIDO L'AGENDA MONTI

 
 
Ho letto con molta attenzione e per intero le venticinque pagine dell’Agenda Monti e pur trovando un istintivo impulso a scrivere immediatamente la mia personale avversità a quanto in essa contenuto, mi sono promesso di provare a meditarla ed a cercare di capire il perché dei miei motivi di discordanza in modo da poterli serenamente trasferire in queste righe da condividere con quanti avranno la perseveranza di leggerle, criticarle e emendarle con suggerimenti. L’Agenda Monti esordisce con alcuni concetti dati come assodati, ma per nulla convincenti.
Si comincia pontificando che la “la crisi ha impresso al processo di integrazione europea una accelerazione che sarebbe stato difficile immaginare solo pochi anni fa”.  E più avanti si sostiene che l’Italia deve svolgere un ruolo non secondario nei nuovi assetti che devono rendere l’Unione Europea capace di perseguire “la crescita economica e lo sviluppo sociale del continente secondo il modello dell’economia sociale di mercato”.
Questo modo di spiegare le cose è tendenzioso e fa da presupposto non dimostrato al  fine che si vuole raggiungere. In altri termini Monti descrive i sintomi di una malattia tutta da dimostrare ma di cui il medico ha già stabilito la cura. E questo lo si è visto anche da un anno di gestione del governo tecnico. Se ad un malato applichi una cura secondo una malattia che pensi egli abbia ed il malato non guarisce anzi, le sue condizioni peggiorano, può significare solo due cose: O la malattia diagnosticata non è corretta o non è corretta la cura applicata. E’ tutto da dimostrare, infatti, che sia la crisi  la “causa”  di una accelerazione del processo di integrazione europea. Al contrario le crisi nascono quasi sempre da shock causati da eventi particolari o da fatti provocati ad arte oppure generati da incapacità politiche in cui il potere finanziario, si sostituisce a quello democraticamente eletto per fare in modo che vengano applicate politiche di privatizzazione e di tagli alla spesa pubblica ed ai salari, il tutto senza il benché minimo consenso popolare. Quindi, al contrario di quanto sostiene il professor Monti, la crisi accelera semmai un processo di “disgregazione”  e di diseguaglianze tra gli Stati Europei. E le misure adottate in simili situazioni, come ben dimostra Naomi Klein nel suo saggio “Shock Economy”, portano sempre aumento della  disoccupazione; impoverimento della popolazione tagli indiscriminati allo stato sociale e privatizzazioni. Ed è quello che sta succedendo in Europa ed in Italia.
L’Economia Sociale di Mercato (ESM) è una teoria economica si propone di armonizzare libertà di mercato e  giustizia sociale. Questa teoria in effetti riconosce all’individuo, alla libertà di impresa, alla proprietà privata ed al mercato la capacità di autoregolamentarsi. E demanda allo Stato la mera funzione assistenzialistica di intervenire laddove il mercato fallisca la propria funzione sociale. In altre parole viene esaltata la funzione sociale dell’impresa con una fiducia eccessive nella capacità del mercato di regolamentarsi e di creare giustizia ed equità sociale. In questo rapporto lo stato non deve intromettersi e deve limitarsi ad fare da garante e ad intervenire quando l’impresa privata non è in grado di svolgere questo ruolo. Purtroppo la storia infinite volte ha dimostrato esattamente il contrario e cioè che impresa e mercato tendono a creare utili per pochi ponendo gli impatti negativi della produzione in carico ai molti. E’ quello che il governo dei tecnici ha cerato di fare con la strategia seguita per l’ILVA a Taranto.
In realtà la crisi attuale si intreccia ed aggrava altre forme di crisi già esistenti che nascono nel 2007 con la crisi economica e finanziaria negli Stati Uniti e che in Europa si è manifestata come crisi del “debito pubblico”. L’altra grave crisi in atto è data dal lento ed inesorabile calo di egemonia degli USA. Terza, ma non meno grave presenza di crisi, il raggiunto limite di crescita ecologica. Questa singolare compresenza di eventi “shock”, mai verificatasi precedentemente pone la popolazione mondiale di fronte ad un progressivo peggioramento delle condizioni di vita. Nuova e più ampia povertà, disoccupazione e allungamento della vita lavorativa, salari più bassi e distruzione dei servizi sociali. La crisi di egemonia degli Stati Uniti spinge ad una irresistibile tentazione di utilizzo della guerra come mezzo per uscire, mentre la crisi ecologica ci pone di fronte alla impellente necessità di cambiare drasticamente il nostro modo di produrre, consumare e vivere.
Per uscire da questa situazione non serve l’agenda Monti che propone ancora misure tese alla crescita economica o improntate alla subalternità al sistema finanziario. Occorrono invece misure coraggiosamente alternative. Occorre invertire la rotta. Basta con il “neoliberismo” , basta con le politiche di austerity. Basta con una politica economica che sta pericolosamente accentuando le differenze sociali. Questa cura da cavallo sta in realtà uccidendo il cavallo! Monti continua a “lisciare il pelo” ai mercati finanziari invece di fargli il “contropelo”. I mercati finanziari continuano indisturbati le loro speculazioni. Nessun freno è stato messo ai “derivati” ai megacompensi dei top manager o alle speculazioni delle transazioni finanziarie. Il debito pubblico sta crescendo non perché si spende troppo, ma perché si cresce poco e male. Ed il Fiscal Compact, e cioè il pareggio di bilancio deciso a livello europeo ed  inserito nella Costituzione dei singoli paesi, renderà, in un prossimo futuro, ancora più gravi le condizioni di crisi. Oggi tutto il dibattito politico ruota sul “pro Monti” o “contro Monti”. Manca totalmente una discussione profonda sul modello di sviluppo. Si vuole produrre  i SUV di Marchionne  o gli autobus di IRIBUS. Vogliamo il Ponte sullo stretto oppure le piccole opere; i pannelli solari o il carbone. Vogliamo i treni per i pendolari o i trafori nelle Alpi. Occorre il superamento del paradigma neoliberista che ha generato la crisi e ci ha portato alla recessione. Abbiamo bisogno di una economia diversa fondata sulla qualità sociale, i diritti,  i saperi. Il neoliberismo e le politiche di austerity hanno fallito. Monti ha fallito!
Serve un modello di sviluppo basato sulla sostenibilità sociale ed ambientale; diritti di cittadinanza e del lavoro; sulla conoscenza come  chiave di volta di un sistema capace di far crescere ricerca qualità e innovazione. Ed infine, ma non per importanza,  serve una redistribuzione della ricchezza dal 10%  delle persone più agiate al 90% delle persone sulle quali la crisi si è accanita. In ultima analisi le fette della “torta” vanno ridimensionate e rese più eque.  
In parole povere bisogna porre le basi per la Società della Decrescita. Abbandonare l’obbligo di consumo sempre crescente di territorio, energia e merci. Centro propulsivo di questo nuovo concetto sarà la “rete” ;  la possibilità cioè di accesso immediato e pubblico all’informazione libera che sottratta alle logiche del mercato viene ad essere tutelata e finanziata con l’intervento pubblico e controllata dai cittadini.