Illustrissimo Prof. Mario Monti
Signori Ministri
Ho deciso di scrivevi perché è da qualche anno che continuo a sentire parole da chi vi ha preceduto ed in ultimo anche da voi che dipingono un quadro che, sono sicuro, non rappresenta la maggioranza degli italiani.
Ci hanno ripetutamente detto che il debito pubblico italiano è così alto perché “abbiamo vissuto per lungo tempo al di sopra delle nostre possibilità”
Ci hanno dato dei “bamboccioni” che non si staccano dalle gonne della mammina per non rinunciare alle comodità!
Ultimamente ci hanno dato degli “sfigati” perché non riusciamo a laurearci entro i ventotto anni.
Lei stesso, Signor Presidente, ci ha descritti automi annoiati in quanto attaccati al “posto fisso” senza alcuna voglia di cambiare.
Qualcuno dei suoi ministri, infine, richiamando il concetto del bamboccione ci ha bollati come mammoni perché pretendiamo di trovare lavoro il più possibile vicino al proprio nucleo familiare.
Bene credo che la misura sia colma!! Non so quali siano le vostre frequentazioni in materia, ma vi assicuro che la maggior parte degli italiani, ed io tra essi, non si riconosce affatto in quanto da voi affermato.
A riprova di quanto affermo, spero di non “annoiarvi” se vi illustro brevemente la mia esperienza
1)
Abbiamo vissuto per lungo tempo al di sopra delle nostre possibilità: Sono nato in una famiglia di contadini del Sud ultimo di 4 quattro figli. Mio padre, Dio l’abbia in gloria, era bracciante agricolo e mia madre (Dio abbia in gloria anche lei) casalinga. Al contrario dei miei fratelli, tutti avviati al lavoro dopo la quinta elementare, io ho potuto studiare. Per farlo, però, dopo le elementari ho dovuto andare in seminario e per pagarmi la retta sono stato “costretto” a vincere una borsa di studio che mi ha aiutato sino a tutto il Liceo. In estate, mentre altri andavano al mare, io andavo nei campi per guadagnarmi i soldi per acquistare i libri di testo. Terminato il liceo ed espletato il servizio militare ho dovuto emigrare a Milano, dove grazie a mio fratello,emigrato molto prima di me, ho potuto iniziare a lavorare. Mi sono sposato ed in controtendenza alle statistiche ho messo al mondo tre figli e sono riuscito a comprarmi una casa che ho finito di pagare nel 2011 dopo trenta anni di mutuo.
Le sembra che possa far parte di quegli italiani che “hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità ?”
2)
Bamboccioni: Sono andato fuori di casa all’età di dieci anni e praticamente non vi sono più ritornato. Sono emigrato al nord per lavorare e, da soli, io e mia moglie, abbiamo tirato su tre bambini di cui due sono diventate madri di famiglia mentre l’ultimo ancora studia al liceo.
Le sembro uno che “non si stacca dalle gonne della mamma perché ama le comodità ? “
3)
Sfigato: Questo è vero. Non mi sono laureato entro i ventotto anni; anzi non mi sono laureato affatto! Ho iniziato anche io l’Università, ma per mantenermi agli studi dovevo anche lavorare. Ed allora frequentavo la serale. Ore cinque del mattino, in piedi e andare a lavorare da Piazzale Corvetto sino a San Giuliano Milanese, per otto lunghe ore, ovviamente “in nero”. Ritorno a casa verso le diciotto; pasto veloce e via, con i mezzi al Campus, in zona Città Studi fino alle nove di sera. Alle nove, secondo lavoro, andare a lucidare i mobili in una falegnameria fino a circa le ore 01,00 ed il giorno dopo di nuovo tutto come sopre. Fino a quando il fisico non mi ha retto. Ed allora sì; è vero ho dovuto rinunciare all’università.
4)
Attaccato al posto fisso: La mia vita lavorativa è un esempio di “flessibilità”. Ho lavorato in campagna, con mio padre fin da quando avevo dodici tredici anni per potermi comprare i testi scolatici. Ho fatto l’istitutore, in regola, nell’Opera Don Guanella di Bari per potermi permettere di frequentare l’università. Giunto a Milano, sempre per poter continuare gli studi, ho venduto fiori di metallo ai semafori, ho fatto l’operaio in una azienda di San Giuliano Milanese; ho lavorato come procacciatore d’affari all’INA Assicurazioni. Tutto sempre “regolarmente in nero”. Per circa 10 anni ho fatto il magazziniere alla Italwatch Seiko; in seguito ho fatto l’agente di commercio e poi l’imprenditore per circa tre anni. Ho fatto il consulente ed il co.co.co per tre anni quindi sono ritornato a fare il lavoratore dipendente per altri 11 anni. Oggi mi ritrovo ad avere 57 anni. Sono disoccupato da circa un anno poiché l’ultima azienda per cui ho lavorato è stata dichiarata “fallita” dal tribunale di Milano. E rischio di non prendere le mie competenze di fine rapporto ed il TFR. Ah, dimenticavo che nel marzo 2008, grazie al malsano ambiente nel quale lavoravo, sono stato colpito da infarto ed ho subito un intervento chirurgico collezionando 2 by-pass ed il rifacimento dell’apice del ventricolo sinistro.
Io, comunque, mi ritengo ancora fortunato perché ho la casa di proprietà ed ho ancora mia moglie che lavora!
Ed allora, tirando le somme di quanto fin qui scritto, da giorni continuo a chiedermi qual è stato il periodo della mia vita in cui “ho vissuto al di sopra delle mie possibilità?” Ho attraversato periodi in cui mi sono mancati i soldi persino per comprare un regalino alle mie bambine per Natale. Ma per fortuna erano piccoline.
In quale periodo della mia vita ho preferito stare attaccato alla mia famiglia piuttosto che cercare di realizzarmi lontano da essa?! Mi sono staccato dagli affetti familiari dopo la quinta elementare. Avrei voluto avere più tempo per vivere insieme ai miei genitori che ho perso entrambi.
Sono stato sfigato perché non mi sono laureato!? Solo una cosa mi dà dispiacere; ricordare che mio padre ci avrebbe tenuto tanto e soltanto dopo ho capito i sacrifici che anche lui ha fatto perché io potessi studiare.
In quanto alla monotonia del posto fisso, le giuro che nella mia vita lavorativa, come le ho dimostrato, non mi sono certo annoiato. Non ne ho avuto il tempo.
Per ultimo, ma non meno importante, ho sempre pagato tutte le tasse, anche quando avrei avuto la possibilità di non farlo dichiarando meno; ed ho insegnato ai miei figli a fare altrettanto.
Ma ora?!?! Ora sono in un momento difficile! . Momento che dura già da più di un anno!
Sono convinto che la mia sia una situazione comune a molti; troppo giovane per la pensione, ma troppo vecchio per lavorare ancora. Non sono l’eccezione!! L’eccezione sono coloro hanno sempre avuto la strada spianata dall’appartenenza ai ceti abbienti, che, a prescindere dai meriti, occupano comunque posizioni di rilievo soltanto perché le caste sono autoreferenziali e si perpetuano e si tramandano i propri privilegi.
Vorrei incontrarli questi non-bamboccioni; non-sfigati che non amano la monotonia del posto fisso!
Vorrei metterli sui blocchi di partenza alle stesse condizioni dei “comuni mortali” e dire, come disse Dante: “ qui si parrà la tua nobilitate”.
Altro che articolo 18 e facilità di licenziare. Ma veramente pensate che le aziende siano così legate dall’art.18 da non poter licenziare a proprio piacimento come hanno sempre fatto!!!
Per creare nuova occupazione bisogna creare sviluppo, non rendere precario chi ancora non lo è. Bisogna che le aziende investano in formazione, in ricerca e non trasferire gli utili oltr’alpe. Bisogna rendere il lavoro sicuro e non accettare più morti sul lavoro. Bisogna capire che il lavoratore, nel lavoro, investe tutto sé stesso e non soltanto parte di “un capitale”.
Quindi non credo di avere un debito con lo Stato.
E’ lo Stato che ha un debito con me! Non vi annoio oltre!
Cordialmente
Michele Giuliano